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Provincia Autonoma di Trento - Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente

 

Il disastro ambientale: analisi della fattispecie, della prima giurisprudenza e dei rapporti con il c.d. "disastro innominato"

A cura dell'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente

Introduzione: la tutela penale dell'ambiente prima del 2015 e il c.d. disastro innominato.
Prima dell'entrata in vigore della legge 22 maggio 2015, n. 68, il diritto penale a tutela dell'ambiente era esclusivamente contenuto nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Testo unico ambientale) ed era connotato da una marcata accessorietà rispetto alla disciplina amministrativa, contenuta nel medesimo Testo unico.
In particolare, le fattispecie penali consistevano in reati contravvenzionali, atti a punire la mera disobbedienza alla legge o agli atti amministrativi in materia ambientale. Si trattava (e si tratta tutt'ora, per le fattispecie contravvenzionali rimaste) di reati di mera condotta e di pericolo astratto o presunto che da sempre hanno messo a dura prova la tenuta dei principi cardine del diritto penale (quali riserva di legge e offensività). Le fattispecie contravvenzionali, inoltre, non erano in grado di contrastare efficacemente i più gravi fenomeni di devastazione al bene ambiente nell'ottica sia generalpreventiva, sia repressiva.
Pertanto, la giurisprudenza è stata da sempre costretta a ricercare nella parte speciale del Codice penale gli strumenti più adatti per contrastare gli episodi più gravi di danno o pregiudizio al bene ambiente, adattando o estendendo le fattispecie esistenti. Oltre alla figura del getto pericoloso di cose (fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 674 c.p.), la giurisprudenza ha soventemente fatto ricorso al c.d. "disastro innominato" ex art. 434 c.p..

Il disastro innominato ex art. 434 c.p.
La fattispecie delittuosa in questione punisce "chiunque (...) commetta un fatto diretto a cagionare il crollo di un costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro". Si tratta di un reato di pericolo (o di evento, ai sensi del secondo comma, nel caso in cui il disastro si verifichi), non certamanete avulso da criticità dal punto di vista dei principi di tassatività e determinatezza.
Tuttavia, la prassi giurisprudenziale di applicare la figura delittuosa del disastro innominato anche alle ipotesi di disastro ambientale, venne salvata dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Cost., sent. 30 luglio 2008, n. 327): ciò, in quanto il concetto di "disastro" dell'art. 434, comma 1, c.p. non sarebbe vago e indeterminato, bensì farebbe riferimento a una nozione unitaria di disastro, desumibile dalle altre disposizioni contemplate dal titolo VI dei delitti contro l'incolumità pubblica.
In particolare, la nozione di disastro perimetrata nel 2008 dalla Consulta risulta connotata dalla necessaria presenza di due elementi: 1) un primo di carattere dimensionale, consistente nel verificarsi di un evento distruttivo di proporzioni straordinarie; 2) un secondo di carattere offensivo, ossia l'evento distruttivo deve aver causato un pericolo per la vita o l'integrità fisica di un numero indeterminato di persone (invece, nel caso del secondo comma dell'art. 434, è necessario che gli eventi lesivi si configurino).
In ogni caso, per quanto si trattasse di una figura malleabile e per quanto vi fosse una nozione unitaria di disastro, il disastro innominato era una fattispecie preordinata a tutelare prima di tutto la pubblica incolumità e solo eventualmente il bene ambiente. Inoltre, la sua applicazione alle fattispecie di inquinamento presentava notevoli criticità, soprattutto poiché queste ultime non sempre implicano la presenza di eventi catastrofico-distruttivi (mentre in materia ambientale gli eventi sono spesso lungo-latenti).

La tutela penale dell'ambiente dopo la legge 22 maggio 2015, n. 68.
Alla luce delle criticità nell'applicazione del disastro innominato alle fattispecie di inquinamento ambientale - limitazioni emerse anche con riguardo al noto caso "Eternit" (cfr. Cass. Pen., Sez. I, 23 febbraio 2015, n. 7941) -, nonché sulla scia degli obblighi di tutela penale effettiva dell'ambiente imposti dal legislatore eurounitario (cfr. direttiva 2008/99/CE), con la legge 22 maggio 2015, n. 68, sono stati finalmente introdotti i delitti contro l'ambiente all'interno del Codice penale (Titolo VI bis, artt. 452 bis e ss. c.p.).
Le neo-introdotte fattispecie si configurano come reati di evento, presupponendo, dunque, un danno o, al più, un pericolo concreto che è necessario accertare: rispetto alle figure contravvenzionali le indagini diventano indubbiamente più complesse, ma i vantaggi sul piano processuale sono evidenti (le pene elevate, ad esempio, consentono le intercettazioni telefoniche). Inoltre, come richiesto dal legislatore sovranazionale, il bene giuridico immediatamente tutelato è l'ambiente in sé, ancorché alcune fattispecie abbiano natura plurioffensiva.
Attualmente il sistema penale dell'ambiente prevede, in scala di gravità, gli illeciti amministrativi, i reati contravvenzionali (rimasti ancora accessori rispetto alla disciplina amministrativa del Testo unico ambientale) e, infine, i delitti contro l'ambiente. Tra questi ultimi, il "limite inferiore" è rappresentato dal delitto di inquinamento ambientale, che presuppone un'alterazione reversibile dell'ecosistema, mentre l'apice di gravità è rappresentato dal disastro ambientale ex art. 452 quater c.p., il quale presuppone sostanzialmente un'alterazione irreversibile del bene ambiente.

Il delitto di disastro ambientale ex art. 452 quater c.p.
La norma punisce con la pena della reclusione da cinque a quindici anni chiunque "abusivamente" cagiona uno dei tre eventi di "disastro ambientale" tipizzate dal legislatore.
Con riferimento al carattere abusivo della condotta, la giurisprudenza ne ha riconosciuto un significato ampio, comprensivo non soltanto della condotta posta in essere in violazione di leggi statali o regionali, ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale, ma anche di prescrizioni amministrative (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 3 novembre 2016, n. 46170, a proposito del delitto di inquinamento ambientale).
Il primo evento (1) di disastro tipizzato dal legislatore consiste nell'alterazione dell'equilibrio dell'ecosistema di carattere "irreversibile" (c.d. irreversibilità assoluta). Il secondo evento (2) alternativo richiede, invece, che l'alterazione all'ecosistema comporti un'eliminazione particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali (c.d. irreversibilità relativa). Si deve trattare di pregiudizi all'ambiente evidentemente maggiori rispetto alla "compromissione o deterioramento significativi e misurabili", i quali integrano la meno grave fattispecie di inquinamento ambientale. Il carattere di irreversibilità (ipotesi sub 1) dev'essere valutato prognosticamente sulla base della capacità o meno della natura di resistere e di auto-rigenerarsi rispetto alle alterazioni sostenute. In dottrina si sostiene, peraltro, che tra le alterazioni irreversibili rientrino altresì quelle alterazioni che, ancorché reversibili, necessitino per il ritorno allo status quo ante di un ciclo temporale eccessivamente ampio. L'eccessiva onerosità dell'ipotesi sub 2 dev'essere valutata oggettivamente (non, quindi, sulla base delle capacità economiche del soggetto responsabile), mentre per provvedimenti eccezionali s'intendono quelle misure straordinarie (ad esempio finanziamenti statali ad hoc) e non i provvedimenti dell'ordinario procedimento di bonifica.
Le prime due ipotesi prescindono dalla portata distruttivo-offensiva, mentre il terzo evento tipizzato (3) - forse il più delicato - presuppone l'offesa alla pubblica incolumità "in ragione della rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi, ovvero per il numero delle persone offese o esposte al pericolo". Tuttavia, la giurisprudenza ha precisato che, per integrare il terzo tipo di disastro tipizzato, dev'esservi prima di tutto una condotta incidente sull'ambiente, rispetto alla quale l'offesa alla pubblica incolumità rappresenta una conseguenza (Cass. Pen, Sez. III, 3 luglio 2018, n. 29901).

Il complicato rapporto tra le fattispecie di disastro ambientale e disastro innominato.
L'art. 452 quater c.p. si apre con l'inciso "fuori dai casi previsti dall'art. 434". Tale clausola potrebbe apparentemente far ritenere risolto in nuce qualsiasi problema di concorso tra le due fattispecie in esame, invece, proprio alla luce del terzo evento di danno tipizzato (l'offesa alla pubblica incolumità), essa complica non poco la vita all'interprete.
Infatti, ritenendo la clausola quale espressione del principio di sussidiarietà, si dovrebbe dire che essa opera quando ricorrono sia gli elementi costitutivi del disastro innominato, sia quelli del disastro ambientale: in questi casi dovrebbe applicarsi sempre la prima fattispecie. Se così fosse, tuttavia, la clausola di sussidiarietà determinerebbe l'applicazione di una fattispecie meno grave con effetti del tutto anomali: allorquando la condotta che incide sull'ambiente produce l'offesa alla pubblica incolumità, si dovrebbe applicare sempre l'art. 434 c.p., che richiede proprio quale elemento della fattispecie l'offesa alla pubblica incolumità. L'art. 452 quater, invece, potrebbe trovare applicazione solo nelle prime due ipotesi di disastro tipizzate (sub 1 e 2) e, quindi, resterebbe parzialmente inapplicato.
Per evitare una siffatta situazione paradossale, gli interpreti hanno preferito attribuire alla clausola iniziale dell'art. 452 quater un significato tautologico: essa si applicherebbe solo laddove sussistono i presupposti del disastro innominato e non quelli del disastro ambientale. È, tuttavia, del tutto evidente che se non ricorrono gli elementi costitutivi del disastro ambientale, ma ricorrono i presupposti del disastro innominato, si debba applicare quest'ultimo. In ogni caso, la scelta di ritenere sostanzialmente inutile la clausola di apertura dell'art. 452 quater c.p. è stata altresì avvallata dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Pen, Sez. I, 29 dicembre 2017, n. 58023), che ha considerato anche l'intento del legislatore di salvaguardare i processi in corso.

Conclusione
In conclusione - e in attesa di ulteriori pronunce da parte della giurisprudenza di merito e di legittimità, atte a precisare ulteriormente la portata applicativa della nuova fattispecie - l'introduzione ad opera del legislatore del 2015 del delitto di disastro ambientale e, in generale, dei delitti contro l'ambiente, è stata senz'altro tanto opportuna, quanto necessaria.
Le nuove fattispecie, previste non solo in configurazione dolosa, ma anche colposa, per quanto non scevre da criticità, hanno indubbiamente colmato le lacune sostanziali di una tutela penale dell'ambiente che prima del 2015 si presentava come meramente accessoria alla disciplina amministrativa.

LT