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Provincia Autonoma di Trento - Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente

 

La commercializzazione di borse di plastica irregolari e la confisca amministrativa

Un commento dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente, dopo la confisca di dodicimila sacchetti di plastica irregolari

Il presente contributo trae spunto da un procedimento amministrativo sanzionatorio condotto dall’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente (APPA) in collaborazione con la Compagnia di Trento della Guardia di Finanza e che ha portato alla confisca di circa dodicimila sacchetti di plastica irregolari.

Il panorama legislativo: i divieti di commercializzazione e il principio di prevenzione della produzione di rifiuti da imballaggio

La disciplina sulla commercializzazione delle borse di plastica (o shopper) trova origine nel diritto comunitario e, in particolare, nella direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, modificata nel corso degli ultimi anni. L'obiettivo primario del legislatore comunitario – recepito anche a livello statale senza non poche difficoltà – è sempre stato quello di prevenire la produzione di rifiuti da imballaggio, puntando in primis sul riutilizzo degli imballaggi tali e quali. Riutilizzo che può evidentemente avvenire solo laddove l'imballaggio rimanga integro dopo il primo utilizzo. Pertanto, si è deciso d'imporre uno spessore minimo per ogni tipologia di imballaggio: se lo spessore del singolo film o parete che compone l'imballaggio è inferiore alla soglia prescritta, l'imballaggio – la cui rottura sarebbe più facile, con pregiudizio per il riutilizzo – non è commercializzabile.

La normativa italiana fino al 2017 era racchiusa nell'art. 2 del D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, nonché nel relativo decreto attuativo (D.M. 18 marzo 2013): normativa che, tra l'altro, affidava alle Camere di Commercio la competenza in ordine all'irrogazione delle sanzioni amministrative relativamente alla violazione dei divieti di commercializzazione. Il suddetto art. 2 del D.L. 2/2012 è stato abrogato dal D.L. 20 giugno 2017, n. 91, e, contestualmente, la disciplina delle borse di plastica è stata inserita nel Testo unico ambientale (artt. 226 bis e ter D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152). Con la riforma del 2017 la competenza in ordine all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie è transitata in capo alla “provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione”: competenza che nella Provincia di Trento è demandata ad APPA.

Attualmente, in base alla normativa trasferita nel Testo unico ambientale, vige il divieto di commercializzazione delle borse di plastica “non rispondenti alle seguenti caratteristiche:

a) borse di plastica riutilizzabili con maniglia esterna alla dimensione utile del sacco: 1) con spessore della singola parete superiore a 200 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;2) con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari;

b) borse di plastica riutilizzabili con maniglia interna alla dimensione utile del sacco: 1) con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari; 2) con spessore della singola parete superiore a 60 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari”.

Per la violazione dei divieti di commercializzazione, l'art. 261, comma 4 bis, del D.Lgs. 152/2006 prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 2.500 a un massimo di 25.000 euro, aumentata nel caso in cui la violazione del divieto riguardi ingenti quantitativi di borse di plastica.

Il procedimento amministrativo sanzionatorio, il sequestro e la confisca amministrativa di dodicimila borse di plastica irregolari

Nel 2017 la Compagnia di Trento della Guardia di Finanza ha accertato la presenza di circa dodicimila sacchetti di plastica irregolari all'interno di un esercizio commerciale del territorio provinciale. Nel caso di specie si trattava, in particolare, di shopper di plastica di diversa forma, con manico esterno ed interno alla misura utile del sacco, utilizzabili per il trasporto di prodotti non alimentari, aventi uno spessore – accertato tramite alcune analisi di laboratorio – sensibilmente inferiore a quello prescritto dalla suddetta normativa.

Il personale della Guardia di Finanza ha proceduto, quindi, al sequestro degli imballaggi in questione e alla contestazione della violazione, trasmettendo gli atti di accertamento all'autorità amministrativa. Per quanto concerne la competenza in ordine al procedimento amministrativo sanzionatorio occorre precisare che al momento dell'accertamento l'autorità competente, individuata dall'art. 2 del D.L. 2/2012, era la locale camera di commercio; tuttavia, in seguito all'abrogazione dell'art. 2 e all'inserimento della disciplina della commercializzazione delle borse di plastica nel Testo unico ambientale (artt. 226 bis, 226 ter), la competenza è passata – ai sensi dell'art. 262 del Testo unico – alla Provincia autonoma di Trento e, quindi, ad APPA.

Dopo un'approfondita istruttoria il suddetto procedimento si è concluso con l'emissione da parte di APPA dell'ordinanza-ingiunzione, con cui – disattendendo le memorie difensive che erano state presentate dalla società privata – è stata confermata la sussistenza della violazione, sia sotto il profilo oggettivo, sia sotto il profilo soggettivo. Inoltre, con il medesimo provvedimento APPA ha disposto la confisca delle borse di plastica che, in quanto irregolari, non avrebbero più potuto essere oggetto di commercializzazione.

Le borse di plastica confiscate – inutilizzabili e divenute, pertanto, un rifiuto da imballaggio – sono state conferite dalla Guardia di Finanza, incaricata all'uopo da APPA, nell'ambito del circuito di raccolta del COREPLA (Consorzio Nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica), al fine di procedere al loro recupero.

Il sequestro e la confisca amministrativa: una breve disamina

La legge sul procedimento amministrativo sanzionatorio (L. 24 novembre 1981, n. 689) contiene una disciplina generale di sequestro e confisca amministrativa.

Per quanto concerne il sequestro l'art. 13, comma 2, della L. 689/1981 prevede che gli organi addetti al controllo “possono (…) procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria”. Pertanto, il sequestro amministrativo:

  • è una facoltà del soggetto accertatore (“possono procedere”);

  • è un sequestro di tipo cautelare, regolato – nei modi e nei limiti – dal codice di procedura penale;

  • può investire solo beni che possono formare oggetto di successiva confisca;

  • trattandosi di un sequestro “cautelare”, devono ricorrere i requisiti del fumus boni iuris, ovvero la violazione non dev'essere infondata, e del periculum in mora, ossia il rischio che la disponibilità del bene possa compromettere esigenze preventive o conservative.

Va, comunque, tenuta presente la sussistenza del sequestro probatorio che, ancorché non si tratti di un sequestro cautelare, risponde all'importante esigenza di assicurare le fonti di prova.

Disposto il sequestro, il successivo art. 17, comma 6, impone all'agente che ha proceduto di informare “immediatamente” l'autorità amministrativa competente. Ciò, in quanto la procedura che segue il sequestro è scandita da termini perentori molto brevi.

Ai sensi dell'art. 19, infatti, “gli interessati – ossia, in generale, tutti coloro che sono pregiudicati dal vincolo di indisponibilità sul bene creato dal sequestro – possono, anche immediatamente, proporre opposizione” all'autorità competente all'emissione del provvedimento finale del procedimento sanzionatorio amministrativo. Opposizione che, se presentata, impone alla predetta autorità di decidere – con ordinanza motivata – entro dieci giorni. Se l'autorità tace, l'opposizione si dà per accolta.

La presenza del sequestro condiziona anche i termini del procedimento amministrativo sanzionatorio. L'ultimo comma dell'art. 19 prevede, invero, che se l'opposizione al sequestro è rigettata, l'autorità ha “due mesi” da quando è pervenuto il rapporto per decidere con ordinanza conclusiva. Negli altri casi, invece, il termine per la conclusione del procedimento è di sei mesi “dal giorno in cui è avvenuto il sequestro”.

In ogni caso l'autorità procedente deve sempre considerare gli altri termini previsti dalla disciplina del procedimento amministrativo sanzionatorio: dalla contestazione immediata o dalla notifica degli estremi della violazione il soggetto accertato ha a disposizione trenta giorni per trasmettere memorie difensive o per presentare richiesta di audizione e, laddove non precluso dalle disposizioni di settore, si hanno sessanta giorni per il c.d. “pagamento in misura ridotta” ex art. 16.

La confisca, concepita come una sanzione amministrativa accessoria, è normalmente disposta nel momento in cui viene emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento, ovvero in occasione dell'atto conclusivo del procedimento amministrativo sanzionatorio (con l'eccezione della confisca c.d. "sempre obbligatoria", v. infra). Per quanto concerne modalità e condizioni della confisca, occorre anzitutto ricordare che, ai sensi del citato art. 13, uno dei presupposti per procedere al sequestro amministrativo è che i beni siano suscettibili di confisca.

La confisca amministrativa può essere alternativamente prevista dalla legge sul procedimento amministrativo sanzionatorio (art. 20, L. 689/1981) o da norme di settore (quale, ad esempio, l'art. 259 del D.Lgs. 152/2006). Si distinguono, inoltre, tre tipologie di confisca amministrativa: facoltativa, obbligatoria e “sempre obbligatoria”.

Nel primo caso – confisca facoltativa – l'autorità può procedere discrezionalmente alla confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione, a meno che non appartengano a persone estranee al fatto (art. 20, comma 3).

L'autorità è, invece, tenuta a disporre la confisca – confisca obbligatoria – delle cose che costituiscono il prodotto della violazione, sempre che appartengano alla persona a cui è ingiunto il pagamento (art. 20, comma 3).

Infine, ai sensi dell'art. 20, comma 5, la confisca amministrativa può dirsi “sempre obbligatoria” in relazione alle cose o ai beni la cui fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa. In questo caso l'autorità è tenuta a disporre la confisca, anche laddove non venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento. In ogni caso, la confisca non può essere applicata se la cosa appartiene a persona estranea o se è consentito l'uso, la fabbricazione, il porto, la detenzione o l'alienazione con autorizzazione amministrativa (come nel caso di una concessione).

Da un lato, quindi, il sequestro è sempre una facoltà del soggetto accertatore, anche laddove la successiva confisca sia obbligatoria. Pertanto, l'autorità competente per il procedimento amministrativo sanzionatorio può o deve procedere alla confisca – a seconda che essa sia facoltativa o obbligatoria – a prescindere dall'avvenuto sequestro che, come detto, non è altro che un'eventualità, rimessa alla discrezionalità dell'organo di controllo.

LT