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Provincia Autonoma di Trento - Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente

 

Le polveri atmosferiche

Cosa sono, sorgenti, dove si trovano, effetti sulla salute e sull'ambiente, limiti normativi.

Disegno delle dimensioni di una particella fine PM10

 

1. Cosa sono?

Con il termine polveri atmosferiche, o materiale particellare, si intende un insieme eterogeneo di particelle solide e liquide che, a causa delle ridotte dimensioni, tendono a rimanere sospese in aria. Le singole particelle sono molto diverse tra loro per dimensione, forma, composizione chimica e processo di formazione.

L’insieme delle particelle sospese in atmosfera è definito come particolato sospeso PTS (Polveri Totali Sospese) o PM (dall’inglese “Particulate Matter”, materiale particellare).

Generalmente tali particelle sono costituite da una miscela di elementi quali carbonio (organico ed inorganico), fibre, silice, metalli (ferro, rame, piombo, nichel, cadmio, …), nitrati, solfati, composti organici (idrocarburi, acidi organici, I.P.A., …), materiale inerte (frammenti di suolo, spore, pollini, …) e particelle liquide. Tale composizione dipende essenzialmente dal processo di formazione delle stesse particelle e dalle sostanze con cui sono giunte a contatto nella loro permanenza in atmosfera (ad esempio possono fungere da veicolanti di metalli pesanti).

Il diametro è compreso tra 0,005 e 150 µm (lo spessore di un capello umano è di circa 100 µm). All’interno di tale intervallo le polveri atmosferiche sono suddivise in:

  • particelle grossolane con diametro superiore a 10 µm;
  • particelle fini (PM10) con diametro inferiore a 10 µm;
  • particelle finissime (PM2,5) con diametro inferiore a 2,5 µm.

Nonostante tra PM10 e PM2,5 vi sia una certa sovrapposizione dimensionale, le due classi sono generalmente ben distinte sia in termini di sorgenti di emissione, sia di processi di formazione, sia per quanto riguarda la composizione chimica ed il comportamento nell’atmosfera. 

 

2. Sorgenti

Le polveri atmosferiche possono essere di origine naturale o antropica.

Le più importanti sorgenti naturali sono riconducibili a:

  • erosione eolica ed in generale materiale inorganico prodotto da agenti naturali (vento e pioggia);
  • aerosol biogenico (spore, pollini e frammenti vegetali);
  • incendi boschivi;
  • aerosol marino (sali, …);
  • emissioni vulcaniche.

Le più rilevanti sorgenti antropiche sono costituite da:

  • combustione (riscaldamenti, centrali termoelettriche), soprattutto di carbone, oli, legno e rifiuti;
  • trasporti (trasporti stradali, aeroplani, navi, treni,…);
  • processi industriali (cementifici, fonderie, miniere,…);
  • combustione incontrollata di residui agricoli.

In generale si può affermare che le polveri grossolane sono prevalentemente di origine naturale (combustioni incontrollate, erosione e disgregazione del suolo, pollini, spore, …), mentre le polveri più fini hanno origine antropica. In particolare, il particolato derivante da processi di combustione (scarichi da autoveicoli, centrali termiche, …) è caratterizzato in massima parte da granulometrie inferiori a 1÷2,5 µm, mentre quello derivante da processi meccanici di usura, macinazione, strofinamento (ad esempio usura di freni e gomme degli autoveicoli, usura del manto stradale, ….) e risospensione del particolato dal suolo a causa del vento e del transito dei veicoli è prevalentemente caratterizzato da dimensioni superiori a 2,5 µm.

2.1 Polveri atmosferiche secondarie

Le particelle solide sono originate non solo per emissione diretta (particelle primarie) ma anche per reazioni chimiche e fisiche in atmosfera di composti chimici quali ossidi di azoto e zolfo, ammoniaca, composti organici volatili e ozono.

È interessante rilevare come la chimica della formazione dell’ozono sia spesso accoppiata alla chimica della formazione delle polveri fini:

  • trasformazione di biossido di zolfo (SO2) in solfati in presenza di nebbia o nelle nubi, per opera del perossido di idrogeno (H2O2) o dell’ozono (O3);
  • trasformazione in fase gassosa con formazione di acido solforico (H2SO4) che rapidamente si trasferisce nella fase particolato per nucleazione o condensazione su superfici di aerosol esistenti;
  • formazione di acido nitrico (HNO3) dal biossido di azoto (NO2) come reazione finale del ciclo fotochimico (insieme alla formazione di perossiacetilnitrato - PAN), che in presenza di ammoniaca (NH3) porta alla formazione di nitrato di ammonio (fase particolato); l’acido nitrico (HNO3) si forma anche a partire dal radicale NO3- (alla cui origine c’è ozono), tramite reazioni con composti organici o in goccioline d’acqua;
  • l’aerosol organico secondario si forma allorché una molecola organica reagisce con OH-, O3 o NO3- per produrre prodotti semivolatili che si ripartiscono tra la fase gassosa e la fase aerosol.

In generale le polveri atmosferiche cosiddette “secondarie” (solfati, nitrati, composti organici e ammoniacali), che si formano in atmosfera a causa di reazioni chimiche e fisiche a partire dai precursori, sono costituite prevalentemente da particelle fini e ultrafini (inferiori a 0,1 µm).

2.2 Sorgenti di polveri atmosferiche in ambito urbano

Le polveri fini (PM10) presentano una componente di origine secondaria che nelle aree urbane può arrivare fino al 30-40% in peso. Tale componente nelle aree urbane è spesso preponderante nelle polveri finissime (PM2,5).

Le fonti di emissione di polveri nelle aree urbane sono principalmente due:

  • Traffico veicolare: tutti i mezzi di trasporto emettono polveri fini. In particolare i motori diesel e i ciclomotori emettono un quantitativo di polveri, per km percorso, maggiore rispetto ai veicoli a benzina, riconosciuti comunque responsabili della produzione di una certa quantità di questo inquinante. Altrettanto certo è il legame fra la cilindrata del veicolo e la quantità del particolato prodotto: più potente è il veicolo e maggiore è la quantità di particolato prodotto. L’incrocio di queste due osservazioni fa si che i mezzi commerciali pesanti siano i maggiormente inquinanti, seguiti dai commerciali leggeri e dalle automobili. Una fonte di minore importanza è legata all’usura di freni, pneumatici, manto stradale e frizioni, nonché al risollevamento delle frazioni depositate sulla carreggiata dovuto allo stesso traffico.
  • Impianti di riscaldamento civili: particolarmente critici per quanto concerne le emissioni di polveri sono gli impianti alimentati a combustibili solidi e liquidi (gasolio, olio combustibile, carbone e legna). Poco rilevanti le emissioni di polveri dagli impianti alimentati con combustibili gassosi (metano, GPL).

Le fonti di inquinamento industriali sono sempre meno presenti all’interno delle aree urbane, anche se gli inquinanti emessi da camini di altezza elevata possono essere trasportati dagli agenti meteorologici anche su grandi distanze. Parte dell’inquinamento “di fondo” riscontrato in una determinata città può dunque provenire da un’industria situata a diversi km di distanza dal centro urbano. 

3. Dove si trovano?

 
Media giornaliera PM10 2010 - Trento Parco S. Chiara e Piana Rotaliana

 

Il tempo di permanenza in atmosfera delle polveri dipende principalmente dalla loro dimensione. In particolare, le particelle più grossolane si depositano al suolo nell’arco di poche ore e la distanza percorsa è di solito breve. Tuttavia, in situazioni particolari, esse possono raggiungere gli strati più alti dell’atmosfera e percorrere anche notevoli distanze (si pensi ad esempio alla sabbia desertica che raggiunge le nostre città). Al contrario, le particelle più fini, di diametro fino ad 1 μm, tendono a “galleggiare” e conseguentemente possono permanere in atmosfera per molti giorni con trasporti anche di centinaia e migliaia di chilometri.

Le condizioni più favorevoli al permanere di situazioni di inquinamento da polveri si manifestano soprattutto nella stagione invernale, in presenza di particolari condizioni meteorologiche (alta pressione, elevata stabilità atmosferica, prolungata inversione termica, assenza di precipitazioni). A causa del perdurare di queste situazioni, si possono riscontrare elevati livelli di PM10 nell’aria non solo nelle grandi città, ma anche a notevoli distanze dalle sorgenti principali.

Per effetto della loro elevata volatilità, la distribuzione dell’inquinante sul territorio risulta spesso pressoché omogenea anche in territori orograficamente complessi come quello della Provincia di Trento.

Nel grafico a sinistra si evidenzia la buona correlazione, statisticamente significativa (r2=0,88), fra le stazioni di Trento Parco S. Chiara e Piana Rotaliana. Si ottengono grafici analoghi utilizzando i dati raccolti presso le altre stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria.

 
Grafico di sovrapposizione tra le medie orarie di PM10 ed il dato medio orario della velocità del vento (stazione Rovereto Largo Posta)

La correlazione tra situazione meteorologica e concentrazione di polveri sottili PM10 è molto evidente nel grafico a sinistra, in cui si sovrappongono gli andamenti delle concentrazioni di PM10 e della velocità del vento (stazione di Borgo Valsugana). L'abbinamento della concentrazione di PM10 con il dato di velocità del vento evidenzia in che misura il vento è in grado di produrre importanti azioni di pulizia da PM10,in questo caso in relazione all'evento del 24 dicembre 2011.

L'effetto di rimozione evidenziato costituisce una sostanziale forma di diluizione e ricambio delle masse d'aria inquinata nei fondovalle, con aria pulita proveniente da aree non inquinate.

L'effettiva rimozione delle polveri atmosferiche avviene tipicamente per deposizione secca (soprattutto per le particelle più grossolane) oppure per deposizione umida, legata alla formazione delle nuvole ed alle precipitazioni.

Il processo di rimozione principale e la deposizione umida: le particelle che tendono ad assorbire acqua crescono con l'aumentare dell'umidità relativa e fungono da nucleo di condensazione per la formazione delle goccioline che formano le nuvole. Se le gocce crescono abbastanza da formare la pioggia, le particelle fini vengono rimosse con la precipitazione della goccia. Le precipitazioni inoltre possono agire trascinando con sé le particelle grossolane (per impatto) ed ultrafini (diffusione nella goccia che sta precipitando). Questo meccanismo è però molto meno efficace rispetto a quello che porta alla formazione delle nuvole.

 
Apparato respiratorio

 

4. Effetti sulla salute e sull'ambiente

L’interesse suscitato dalle polveri atmosferiche trae origine storicamente dallo studio di fenomeni acuti di smog, nel corso dei quali le polveri, in combinazione con il biossido di zolfo, hanno determinato il verificarsi dipesanti effetti sanitari.

In generale, quanto più piccola è la dimensione delle particelle, tanto maggiore è la loro capacità di penetrare nei polmoni e dunque di produrre effetti dannosi sulla salute umana. Per questo motivo le polveri fini (PM10) ed ancor più le polveri finissime (PM2,5), presentano un interesse sanitario sicuramente superiore rispetto alle polveri totali considerate nel loro insieme (PTS):

  • Particelle grossolane: si fermano nelle prime vie respiratorie;
  • Particelle fini (PM10): dette anche polveri inalabili, penetrano nel tratto superiore delle vie aeree o tratto extratoracico (cavità nasali, faringe e laringe);
  • Particelle finissime (PM2,5): dette anche polveri respirabili, possono giungere fino alle parti inferiori dell’apparato respiratorio o tratto tracheobronchiale (trachea, bronchi, bronchioli ed alveoli polmonari).

Le particelle inalate si possono depositare nell’apparato respiratorio, oppure essere espulse successivamente. Se le particelle depositate sono liquide o solubili possono essereassorbite dai tessuti nel punto dove si depositano e provocare dei danni intorno a tale punto; le particelle insolubili possono essere trasportate, in base alle loro dimensioni, verso altre parti del tratto respiratorio o del corpo, dove possono essere assorbite o provocare danni biologici.

La dannosità è dovuta sia alla tossicità propria dei costituenti delle polveri, sia a quella delle sostanze eventualmente assorbite dalle polveri stesse (effetto indiretto). Infatti il particolato, soprattutto quello più fine, agisce da veicolo per sostanze ad elevata tossicità, quali ad esempio alcuni metalli tossici (piombo, cadmio e nichel) e gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (I.P.A.), in particolare il benzo(a)pirene, sospettato di produrre l’insorgenza del carcinoma bronchiale in caso di esposizione per un lungo periodo.

Gli effetti sanitari del particolato atmosferico possono essere sia a breve termine (irritazione dei polmoni, broncocostrizione, tosse e mancanza di respiro, diminuzione della capacità polmonare, bronchite cronica, …), sia a lungo termine (un’esposizione di lungo periodo a basse concentrazioni può indurre il cancro).

Sono presenti in letteratura numerosi studi epidemiologici sugli effetti acuti dell’inquinamento atmosferico che hanno dimostrato una correlazione tra le concentrazioni di polveri in aria e la manifestazione di malattie croniche alle vie respiratorie (asma, bronchiti, enfisemi) e di patologie dell’apparato cardiovascolare. In generale tali studi hanno evidenziato una relazione lineare fra l’esposizione a particelle e gli effetti sulla salute, anche se, allo stato attuale delle conoscenze, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità non è possibile fissare una soglia di esposizione al di sotto della quale certamente non si verificano nella popolazione degli effetti avversi sulla salute.

Le particelle di dimensioni maggiori provocano effetti di irritazione, secchezza ed infiammazione del tratto superiore delle vie aeree, quelle invece di dimensioni minori possono provocare e aggravare malattie respiratorie croniche (asma, bronchite, enfisema), indurre costrizioni bronchiali, infiammazioni, fibrosi, ischemie, formazioni neoplastiche e, più in generale, ridurre le difese dell’organismo verso attacchi di altri inquinanti ed infezioni. Recenti studi indicano ad esempio che l’esposizione acuta a PM10 contenente metalli (ad esempio quello derivante da combustibili fossili usati come carburanti) può causare un vasto spettro di risposte infiammatorie nelle vie respiratorie e nel sistema cardiovascolare, verosimilmente in relazione alle loro componenti metalliche.

Sulla base degli studi epidemiologici, risultano particolarmente suscettibili agli effetti del particolato i bambini, gli anziani e le persone con malattie cardiocircolatorie e polmonari (asma, bronchiti, …), nonché chiunque svolga intensa attività fisica all’aperto. In particolare i bambini sembrano a maggior rischio per alcuni effetti respiratori quali lo scatenamento di crisi di asma bronchiale e l’insorgenza di sintomi respiratori (come tosse e catarro).

La presenza di polveri può causare effetti negativi anche sulla vegetazione, formando sulla superficie delle foglie una crosta non dilavabile dalle piogge, inibendo così il processo di fotosintesi e lo sviluppo delle piante. Inoltre, se il particolato depositato contiene composti chimici pericolosi, si possono avere danni diretti ed indiretti alle piante stesse o agli animali che di esse si cibano.
Danni dovuti a queste sostanze possono verificarsi anche sui materiali, con fenomeni di imbrattamento e corrosione (causata in presenza di umidità delle sostanze assorbite).

Infine, nei casi di presenza rilevante di polveri atmosferiche, è possibile rilevare effetti sul clima a seguito dell’azione di dispersione ed assorbimento delle radiazioni solari, fino ad una riduzione della visibilità: accumulandosi nell’atmosfera, infatti, le particelle assorbono e deviano la luce.

5. Limiti normativi

Il Decreto Legislativo del 13 agosto 2010, n. 155 (recepimento della direttiva europea 2008/50/CE) stabilisce i valori limite per le concentrazione nell’aria ambiente di PM10.

Periodo di mediazioneValore limite
1 giorno50 µg/m3 da non superare più di 35 volte per anno civile
Anno civile40 µg/m3

 

Il Decreto Legislativo del 13 agosto 2010, n. 155 (recepimento della direttiva europea 2008/50/CE) stabilisce inoltre il valore limite ed il valore obiettivo per la concentrazioni nell’aria ambiente di PM2,5.

Periodo di mediazioneValore limiteMargine di tolleranzaData entro la quale il valore limite deve essere raggiunto
Anno civile25 µg/m320% l’11 giugno 2008, con riduzione il 1° gennaio successivo e successivamente ogni 12 mesi secondo una percentuale annua costante fino a raggiungere lo 0% entro il 1° gennaio 201501.01.2015

 

Periodo di mediazioneValore obiettivoData entro la quale il valore obiettivo dovrebbe essere raggiunto
Anno civile25 µg/m301.01.2010